Preparare la successione: l’agenda del futuro leader

Successione:
L’agenda del futuro leader
 
È assodato che le nuove generazioni debbano affrontare problemi mediamente più complessi di quelli della generazione precedente, sia per i continui cambiamenti esterni, sia per via dell’inesperienza fisiologica rispetto a chi ha dedicato decenni all’azienda. Inoltre, il mondo cambia così in fretta che difficilmente una strategia dura più di una generazione (vedi capitolo 1).
 
Ciò premesso ricalcare passivamente le impronte dei padri, adottandone modalità e stile, non è sostanzialmente praticabile. Occorre, invece, innovare sul piano pratico poiché i nuovi compiti saranno molto differenti da quelli precedenti.
 
La generazione precedente dedicava difficile la maggior parte del proprio tempo a prendere decisioni, a svolgere compiti operativi, una piccola parte a gestire le risorse interne e solo una frazione marginale alla strategia.
 
Inoltre, la famiglia, in relazione al business, assorbiva un tempo anch’esso marginale, in quanto la leadership dell’imprenditore era sostanzialmente incontrastata da parte dei familiari.
 
Per le nuove generazioni invece l’agenda dovrà prevedere un’allocazione diversa sia del tempo sia dell’attenzione: il tempo dedicato alla presa di decisione e all’azione diretta si ridurrà drasticamente e acquisiranno grande importanza i grandi temi che verranno approfonditi nei prossimi paragrafi.
 
Ciò premesso, ecco i miei 10 suggerimenti per i futuri leader.

 
1. Chiarire l’impegno nel business di famiglia
Come prima cosa devi decidere sul tuo impegno nel business familiare: bisogna dirsi con chiarezza se si vuole rimanere nel business o meno. E se si rimane, quale contributo si è disposti a dare e con quale ruolo. Bisogna anche rendersi conto che, all’allargarsi della famiglia, la ricchezza si diluisce se l’azienda non cresce in proporzione. Via via c’è quindi necessario che ognuno pensi a non fare troppo conto sull’impresa di famiglia trovando anche altre forme di introito alternative.

 
2. Agire per mantenere unita la famiglia
Il passaggio generazionale è una delle sfide più dure che un’impresa di famiglia deve affrontare, soprattutto nel caso di passaggio da un leader unico a più figli. Le maggiori criticità si manifestano quando i padri non scelgono con chiarezza i nuovi leader o non li mettono nella condizione di governare l’azienda.
 
Solitamente, il livello di coesione o di conflitto familiare si rivela nella sua pienezza solo al momento del passaggio generazionale, quando viene a mancare la figura del capofamiglia.
 
Le strategie e la visione non vanno comunicate solo all’interno dell’azienda, ma anche in famiglia per assicurare allineamento e sostegno. Devi sostenere la coesione familiare con la condivisione sia dei valori sia della visione del business. Deve essere chiaro a tutti che le aziende non sono democrazie e che alcuni membri hanno più influenza e potere di altri.
 
Ecco che allora adottare un sistema di comunicazione trasparente non toglie autorevolezza ai più competenti, bensì crea un ambiente dove gli azionisti della famiglia si sentono più coinvolti e partecipi.

 
3. Sviluppare la leadership
I successori delle imprese familiari ricevono il potere come conseguenza dell’appartenenza alla famiglia, ma possono mancare dell’autorevolezza necessaria alla legittimazione del potere agli occhi dei collaboratori. Riconoscimento, questo, che si conquista con la competenza. Succedere a un imprenditore di grande successo e leadership è molto difficile ed è auspicabile non lasciarsi condizionare dalle aspettative dell’azienda o dalla storia.
 
Come fare?
 
  • Comprendere in quale situazione versi l’impresa,
  • Valutare se le caratteristiche e la tua personalità come nuovo leader coincidano con le esigenze. 
  • Definire un piano di azione e di sviluppo personale, andando a coprire le eventuali aree di debolezza. Le persone dell’azienda guardano con molta attenzione le mosse dei nuovi leader per prenderne le misure.
  • Creare un clima che attiri dall’esterno manager del giusto calibro e competenza, favorendo la convivenza tra veterani e nuovi entranti.
 
Pur con diffidenza, i dipendenti concedono un ampio “periodo di prova” ai nuovi capi, consapevoli del difficile ruolo che loro spetta. Non devi sentirti quindi troppo sotto pressione o temere il confronto con i vecchi leader, bensì prenderti il tempo per capire e quindi agire con decisione solo dopo. É in tali circostanze può essere utile richiedere l’affiancamento di consulenti strategici per il rafforzamento della leadership.

 
4. Prevenire i potenziali conflitti
Come abbiamo visto, l’agenda dei figli/discendenti dovrà essere notevolmente diversa da quella dei padri.
 
In un contesto familiare e imprenditoriale dove non ci sia stata alcuna preparazione alla successione, tutti gli argomenti sono aperti. Al contrario, dove il percorso sia almeno stato avviato, la famiglia è per lo meno informata. Spesso, poi, il team manageriale è stato già rinforzato, mentre possono essere ancora rimaste nelle mani della generazione uscente la strategia di business e le decisioni sugli asset aziendali.
 
Tuttavia, qualora ci si accorgesse che uno degli argomenti dell’agenda è diventato preponderante a scapito degli altri, saranno prioritari un’attenta riflessione e un piano di intervento specifico. È questo il caso di conflitti familiari che rischiano, assorbendo tutte le energie, di portare alla paralisi dell’azienda.

 
5. Esercitare uno sforzo comune e condiviso
Si potrebbe avere l’impressione che lasciare il business di famiglia ai figli sia un passaggio fisiologico del ciclo di vita di un’azienda, ma questo passaggio non è né naturale, né automatico; al contrario, è necessario uno sforzo da parte di tutti gli attori coinvolti: gran parte dei problemi che le nuove generazioni devono affrontare, infatti, è causata da omissioni, vuoti decisionali o scelte ambigue da parte di fondatori che non hanno messo in atto per tempo scelte successorie efficaci. Tutto ciò che è stato lasciato incompleto, tutte le criticità non risolte in precedenza dai padri, dovranno essere affrontate dai figli in condizioni oggettivamente più complesse.
 
Mappare dunque le “aree scoperte” diventa un compito molto importante delle nuove generazioni.
 
 
6. Prepararsi a gestire i conflitti inevitabili
Escludendo le fortunate famiglie in cui regna l’armonia, quando il leader esce di scena, a volte, la dimensione del conflitto familiare emerge nella sua reale portata: per quanto si possa essere preparati, il livello effettivo di consenso sulla nuova governance si manifesterà solo al momento del reale passaggio generazionale, ossia quando il fondatore, padre capofamiglia, non sarà più nella condizione di esercitare la propria influenza.
 
Finché il capofamiglia è in vita, il timore reverenziale e il rispetto formale nei suoi confronti limitano il conflitto.
 
Non è un caso infatti che molti dei più grandi costruttori di fortune familiari ne sono spesso e involontariamente i principali demolitori, per via della loro attenzione focalizzata solo sul business a discapito della famiglia e delle modalità di gestione del contesto familiare in cui alternano trascuratezza e ingerenza, presentandosi quindi come padri disinteressati e incapaci. 
Di conseguenza gli eredi tendono ad associare la percezione di un padre negligente a quella di un cattivo imprenditore, incapace di valutare correttamente i figli come futuri azionisti e manager.
 
In questi casi è molto difficile per chi raccoglie l’eredità affrontare la successione con serenità, perché ognuno è carico delle proprie vicissitudini personali e familiari. In alcuni casi, il passaggio di consegne viene così vissuto come un momento nel quale fare giustizia, riequilibrare e compensare beni e affetti.
 
Nella pratica delle imprese familiari, non di rado la famiglia stessa è causa di dissoluzione del business e di auto-distruzione: i conflitti nascono principalmente quando due o più familiari entrano in competizione su un tema di comune interesse.
 
È importante a questo punto chiarire la sostanziale differenza tra le due tipologie più comuni di conflitti familiari: i conflitti intergenerazionali e i conflitti intragenerazionali.
 
Si parla di conflitti intergenerazionali quando questi riguardano il confronto tra padri e figli, fra zii e nipoti, mentre quelli intra-generazionali avvengono tra individui appartenenti alla stessa generazione, come nel caso di fratelli, cugini o, più raramente, di moglie e marito.
 
Questo genere di rivalità viene esacerbata dall’ingresso in famiglia e in azienda di nuove e generi che introducono ulteriori variabili di conflitto perché è inevitabile che con l’allargarsi della famiglia si vengano anche a moltiplicare posizioni e interessi, anche molto diversificati.
 
I padri hanno quindi il dovere di risolvere a monte almeno le questioni centrali, ma spesso non lo fanno e lasciano ai figli situazioni aperte del tipo “deciderete voi” o ambigue, in cui viene designato il successore ma non le condizioni affinché possa operare.
 
Al centro della contesa possono dunque esserci sia beni materiali (immobili, denaro, azioni, macchinari e materiali aziendali), sia beni immateriali (prestigio, autorevolezza, potere decisionale).
 
Infine, i conflitti intragenerazionali si possono acuire a causa della presenza di una o più delle seguenti condizioni:
  • conflitti valoriali ed etici;
  • mancanza di fiducia reciproca;
  • ingiustizie, imbrogli e comportamenti sleali siano essi reali o percepiti; clima familiare non equilibrato o troppo rigido nei ruoli;
  • clima familiare eccessivamente flessibile, che non permette la definizione chiara dei ruoli.
  • In quest’ambito occorre prestare particolare attenzione ai potenziali conflitti fra fratelli.
 
Questa specifica tipologia di conflitti si riconduce spesso alle seguenti cause
  • diversi valutazioni in merito all’opportunità di continuare l’attività familiare o, piuttosto, di uscire dal business monetizzando il valore economico della propria partecipazione;
  • conflittualità sulla leadership, ossia su chi debba essere l’effettivo successore del capofamiglia, la cui autorità è sempre stata incontestabile;
  • problemi di carattere pratico, come la politica dei dividendi o la possibilità di aprire l’ingresso ad altri familiari nell’azienda. 
 
Nel caso di bassa conflittualità, se c’è difformità di interesse, la scelta migliore può essere liquidare i meno interessati (vedi capitolo 2) o, nel caso di alto interesse, difendere nel tempo l’armonia esistente.
In caso di alta conflittualità, se c’è anche alto interesse nell’impresa da parte dei fratelli, occorre separare gli ambiti o dividere l’azienda. Infine, in caso di disinteressa, conviene considerare l’opzione di vendere. 
 
Molti conflitti sono inevitabili perché legati a legittime divergenze di interesse. Altri invece sono di natura più psicologica.
Una prima cosa che i fratelli devono imparare è quindi la gestione dei conflitti, in quanto questi costituiranno un elemento costante della loro vita. Se i genitori non hanno insegnato a lavorare in team, da adulti gli eredi dovranno imparare a comunicare, discutere e decidere insieme.
 
E non è da trascurare l’eventualità che i fratelli in questione si sentano completamente diversi, che non sentano il bisogno l’uno dell’altro e non abbiano alcun interesse a frequentarsi.
Tuttavia, per mantenere una stabilità familiare sana e atta a portare avanti gli interessi aziendali, è necessario elevare il rapporto a uno stadio di dialettica costruttiva che non ignori le differenze, ma che, anzi, le trasformi in punti di forza, arricchendo entrambe le parti e puntando a un rapporto basato su contatti, cambiamenti, confronti.
 

7. Rivitalizzare la strategia e la pianificazione

La rivitalizzazione della strategia aziendale è un elemento portante del passaggio generazionale che tu come successore devi saper gestire aggregando il consenso e guidando gli stakeholder.
 
Come ti ho illustrato, quando i padri fondatori escono di scena non lasciano quasi mai un piano strategico o indicazioni chiare su come affrontare le sfide del futuro perché la loro strategia è sempre stata implicita e basata su decisioni supportate da evidenze reali e non su congetture.
 
Loro hanno vissuto il presente convinti che l’incertezza sul futuro rendesse inutile qualunque tipo di pianificazione.
 
In questo paragrafo approfondiamo il tema del rilancio della strategia aziendale come elemento trainante del passaggio generazionale: se si decide di portare avanti il business familiare, occorre rivitalizzare la strategia dell’impresa, preservando quanto di meglio ci sia del passato e, allo stesso tempo, sviluppando una cultura del cambiamento.
 
L’obiettivo è passare da un percorso decisionale personale e implicito a un contesto di freschezza strategica, trasparente e possibilmente anche condivisa con tutti: il tuo compito di successore è quello di aggregare il consenso e guidare gli stakeholder, sia aziendali sia familiari, verso il futuro.
 
Come rivitalizzare la strategia?
 
Le aziende longeve sono quelle che non solo sanno adattarsi al contesto, ma anticipano il cambiamento o, meglio ancora, sanno crearlo. Si tratta spesso di imprese nate dall’intuizione del fondatore, per cui al loro interno si ritiene che il cambiamento sia frutto della sua pura genialità. Eppure, non è sempre così.
 
Il cambiamento può essere perseguito anche attraverso il metodo. Come?
 
Con un processo di pianificazione, così come fanno le grandi aziende: l’organizzazione nelle imprese familiari non è dissimile da quella delle altre imprese. Tuttavia data la forte interdipendenza tra azienda e famiglia, rischia di diventare uno sforzo inutile se alla pianificazione aziendale non viene affiancata quella familiare.
 
Lo scopo della pianificazione aziendale non è produrre un documento attraverso un processo più o meno sofferto, piuttosto consentire il raggiungimento dei seguenti scopi.
 

1. Rivitalizzare la strategia dell’impresa di famiglia.

Il ciclo di vita delle strategie aziendali si è sensibilmente ridotto negli ultimi decenni, per cui, uno dei compiti principali delle nuove generazioni al comando è quello di rivitalizzare la strategia dell’impresa di famiglia.
 
Questo processo richiede costanti revisioni e verifiche di sostenibilità, per evitare che l’azienda finisca “prigioniera del suo stesso successo” continuando ad attuare modelli ormai obsoleti che rischiano di portare al tracollo. È inoltre fondamentale che la strategia aziendale cambi quando il capofamiglia si ritira, in modo da adattare la strategia al nuovo management.
 

2. Allineare tutti sulla stessa strategia.

Il passaggio generazionale è un momento critico per le imprese di famiglia: parenti, azionisti e collaboratori si chiedono come sarà il futuro e quali implicazioni porterà per ognuno di loro. È necessario rassicurarli e rendere ben chiari quali siano la visione e la missione che l’azienda intende portare avanti dal momento della successione.

3. Comunicare.

La comunicazione è fondamentale non solo per portare avanti l’impresa in modo efficace, ma anche per “tranquillizzare” chi è ancora scettico rispetto al passaggio di consegne: è noto che qualsiasi cambiamento sia preoccupante e possa essere osteggiato. Quando il successore inizia un’opera di rinnovamento, gli altri nuovi azionisti percepiscono un reale momento di rischio e, animati anche da rivalità personali più o meno latenti, lo osteggiano. Per evitare tensioni e conflitti, è importante allineare e rassicurare gli azionisti sul progetto di sviluppo dell’azienda, in modo da assegnare responsabilità ai manager interni sugli obiettivi da raggiungere.

Lo scopo della pianificazione familiare non è la creazione di un documento, bensì lo sviluppo di un rapporto di fiducia tra gli azionisti attraverso un confronto aperto e l’elaborazione di un pensiero comune. Siamo interessati a continuare? Che potenzialità ha l’impresa? C’è coerenza tra le aspettative dei familiari? Quali sono le esigenze dell’azienda in questo momento?

La condivisione della visione tra famiglia e azienda è il fondamento su cui vanno costruiti gli sviluppi futuri. Magari c’è disaccordo sul presente, ma si può trovare più facilmente un’intesa sul domani.

Spesso il potenziale del business è maggiore di quello attuale e questo richiede un incremento del livello di reinvestimento. Ma se tale decisione deve passare il vaglio degli azionisti meno coinvolti, bisogna riuscire a convincerli senza forzature.

8. Imparare a delegare e a controllare

Gli imprenditori hanno istintivamente un forte bisogno di controllo e desiderano essere al centro di ogni aspetto per il bene dell’azienda. Non bisogna delegare solo a chi rende conto dei risultati, ma soprattutto a chi riconosce e condivide, pianifica e implementa il cambiamento con lealtà e professionalità. Il management va consultato anche nelle scelte strategiche sin dalla loro formulazione iniziale: il mancato coinvolgimento darebbe il segnale che la sua presenza è meramente esecutiva.

Per costruire un sistema di gestione solido, è necessario definire le strategie e gli obiettivi e mettere insieme una squadra adottando un sistema di attribuzione e valutazione degli obiettivi da assegnare a cascata dalla proprietà ai primi livelli, da questi ai secondi e così via.

La finalità è attribuire ai manager direttive chiare, allineare tutta l’organizzazione sui traguardi da raggiungere e responsabilizzare i capi nella gestione dei collaboratori.

Quando si adottano questi sistemi, vanno affrontati i due temi solitamente ostici per i nuovi leader:

1. gli obiettivi assegnati devono essere necessariamente precisi e non più vaghi, come accadeva in precedenza. Per quanto nella concezione del titolare una certa dose di ambiguità sia voluta e comporti una serie di vantaggi, l’instaurarsi di un processo di delega comporta l’accettazione di potenziali divergenze ed errori;

2. la fiducia tra imprenditore e manager è essenziale perché a loro si affidano i propri asset più preziosi. Per costruire relazioni solide si richiede un impegno personale dell’imprenditore. Mostrare fiducia genera sicurezza nei manager e li incoraggia a responsabilizzarsi nei confronti dell’azienda e della proprietà.

Alcuni responsabili potranno venire a conoscenza di fatti relativi alla famiglia, ai suoi problemi. Non è obbligatorio mostrarsi sempre invincibili o inarrivabili e mostrare alcuni aspetti della vita personale non lederà l’immagine aziendale, anzi, può portare a costruire relazioni speciali, così come conoscere meglio i collaboratori.

9. Valutare se stessi nel ruolo di leader

Arrivare al vertice non vuol dire automaticamente essere capaci di affrontare la complessità del ruolo, soprattutto se non si è stati preparati per tempo. Il punto di partenza consiste quindi nell’affrontare con umiltà una valutazione personale. Chi non conosce sé stesso, infatti, difficilmente potrà gestire gli altri: essere consapevoli delle proprie forze e debolezze è di grande aiuto per migliorare la propria leadership. Non è un caso che corsi avanzati di management, delle più famose business schools, dedichino molto spazio a test di questo tipo. A questo scopo, occorre che l’assesment individuale sia ampio e comprenda molteplici aspetti, in particolare:

_ le attitudini, l’assunzione di responsabilità, la resistenza allo stress, la dedizione al lavoro e così via;

_ le skills da pensiero deduttivo e induttivo: creatività, capacità di comunicazione, ecc;

_ le conoscenze sia di business governance, strategie, competenze più funzionali, familiarità con i processi, eccetera, sia delle specificità delle aziende familiari, ruoli, governance, accordi e simili.

È fondamentale che in questa fase di lavoro emergano non solo i punti di forza, ma soprattutto le debolezze, i gap personali da colmare in funzione del ruolo da ricoprire. Bisognerà tentare di conciliare le priorità dell’azienda con quelle personali, nonostante spesso sia difficile colmare le lacune in tempo per la successione. Sarà necessario stabilire una scala di priorità.

Non c’è bisogno di forzare la mano: l’importante non è eccellere su tutti i fronti, ma essere consapevoli dei propri limiti e prendere le necessarie contromisure. Per esempio, una persona introversa avrà bisogno di molto tempo per diventare un buon comunicatore e probabilmente dovrà sempre convivere con questa situazione.

10. Definire un piano di sviluppo personale

L’ultimo passo da compiere per una successione ottimale è identificare i gap individuali da colmare in base agli step precedentemente descritti e definire un piano specifico di azione. Le tipologie di intervento sono raggruppabili in quattro macrocategorie.

1. Formazione

Lo scopo della formazione è fornire, in un tempo molto ristretto, conoscenze specifiche. È importante prendere parte a sessioni di training manageriale: in genere si tratta di corsi rivolti a chi debba ricoprire posizioni apicali, normalmente di breve durata offerti dalle più importanti business schools. Sono principalmente indirizzati ai membri delle famiglie imprenditoriali e forniscono le basi per comprendere e affrontare la complessità delle imprese familiari e andrebbero frequentati da più membri della famiglia contemporaneamente. Di solito la durata massima è di una settimana.

2. Scelta degli advisors

Il successore deve confrontarsi con il senso di solitudine che lo circonda e capire con chi può parlare e confidarsi. Gli advisors servono anche a rompere la solitudine, a dare un contributo di esperienza all’imprenditore. Il ruolo del mentore è quello di contribuire all’affermazione del nuovo le ader aiutandolo a sviluppare le capacità di giudizio, l’assunzione dei rischi e l’accettazione della delega. L’Advisor può anche trasmettere conoscenze specifiche, specialmente in aree dove il successore si deve rafforzare. È necessario che sia una persona indipendente, senza conflitti di interesse con il successore. Idealmente quella del mentore dovrebbe essere una figura che conosce l’azienda e la famiglia.

Non è da escludere che membri del Consiglio d’Amministrazione possano agire come consulenti personali per accelerare il cambiamento attraverso l’introduzione di nuove idee e disciplina a livello del top management. La maggioranza di imprese familiari non ha un Consiglio d’Amministrazione veramente attivo (vedi capitolo 7), ma per i successori, attivarne uno e interagire con persone capaci costituisce un’aggiunta di valore importante.

3. Psicologici

È molto importante per il successore avere consapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza. Il miglior candidato per aiutare in questa attività è uno psicologo: alcuni aspetti della vita potranno essere superati e migliorati e altri dovranno essere accettati e si dovrà imparare a convivere con essi. Lo psicologo costituisce un punto di riferimento nella gestione della comunicazione con i familiari, soprattutto in condizioni di conflittualità. Serve una persona professionalmente preparata con la quale potersi aprire mostrando le proprie vulnerabilità e paure, senza sentirsi giudicati. Spesso questo genere di supporto andrebbe proposto anche ad altri familiari, per esempio in sessioni congiunte, ma non può essere imposto naturalmente.

4. Consulenti e professori

Una soluzione molto diffusa è quella di avvalersi di consulenti o professori universitari per affrontare e sviluppare aree specifiche: strategia, finanza, temi legali, fiscali, ecc… I consulenti più capaci non solo sono esperti nella loro materia, ma conoscono anche il contesto delle imprese di famiglia.

In ultima istanza, è bene spendere qualche parola sulle strategie più efficaci per rafforzare l’autorevolezza del successore sia ai suoi stessi occhi, sia davanti ai collaboratori.

Di seguito, due delle iniziative più comuni – ed efficaci – per rafforzare la leadership:

1. Partecipazioni ad attività esterne: è importante che il nuovo leader partecipi alla vita economica e sociale, presenziando personalmente ad attività esterne a quelle aziendali, ad esempio unendosi ad associazioni di settore o di categoria. Questo genere di iniziative favorisce l’acquisizione di conoscenze specifiche, oltre a costruire un network e a confrontarsi con realtà esterne.

2. “Uscite didattiche”: possono riguardare sia missioni specifiche in mercati di interesse, sia visite ad aziende di riferimento. Le uscite sono fondamentali per stimolare la mente con esempi di successo.

L’autorevolezza è il risultato di una serie di fattori: conoscenza dell’attività, risultati concreti, capacità di motivare le risorse con una visione strategica, affermazione al di fuori dell’azienda e così via. È importante che il successore sviluppi una forte consapevolezza di sé e che si senta a proprio agio nel ruolo, pur cercando di migliorarsi continuamente. La curiosità e la voglia di apprendere sono fattori indispensabili che devono accompagnare per sempre un leader contemporaneo e sono alla base del suo duraturo successo.

Esamina ora la tavola che riassume i miei 10 suggerimenti per una successione efficace e ripassali con l’obiettivo di assimilarli e, nel caso, applicarli.

Successione: l’agenda del futuro leader

1. Chiarire l’impegno nel business di famiglia

2. Agire per mantenere unita la famiglia

3. Sviluppare la leadership

4. Prevenire i potenziali conflitti

5. Esercitare uno sforzo comune e condiviso

6. Prepararsi a gestire i conflitti inevitabili

7. Rivitalizzare strategia e pianificazione

8. Delegare e controllare

9. Valutare se stessi nel ruolo di leader

10. Definire un piano di sviluppo persona



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