La pianificazione strategica dell’acquisizione

La pianificazione strategica dell’acquisizione

Capire il mercato è una cosa, capire il modello di business dell’azienda obiettivo è un’altra cosa.

Sai veramente come fa l’azienda che vuoi acquistare a guadagnare soldi? Le diverse aziende che operano nello stesso mercato fanno utili con modalità diverse e per ragioni diverse. Ad esempio nel trasporto aereo British Airways si focalizza sul servizio e Ryanair sul prezzo; nell’informatica, Dell si focalizza sulla flessibilità e sulla personalizzazione, Apple sulla innovazione e sulla qualità. Il Club Med fa utili con i pacchetti vacanza, mentre gli alberghi delle località turistiche guadagnano con gli extra.

Questi sono esempi macroscopici; invece le differenze tra un business e l’altro sono spesso meno evidenti e quindi meno intuitive.

In ogni caso le aziende acquirenti devono mettere in discussione i loro assunti di partenza e prendersi il tempo necessario per capire come opera l’azienda target, capire come genera i propri ricavi e dove stanno i margini più consistenti.

Quest’analisi dovrebbe indicare anche in quali aree potrebbe generare delle perdite. Le informazioni finanziarie forniranno le indicazioni iniziali, ma il potenziale acquirente deve scendere molto più in profondità.

Quali sono i processi, le persone e le altre risorse che consentono all’azienda di raggiungere quei risultati? Capire tutto questo è fondamentale perché altrimenti l’acquirente rischia di introdurre inavvertitamente dei cambiamenti che ne danneggiano la performance. Senza una valutazione esauriente di come, e in che misura, l’azienda target verrà integrata nella nuova operazione congiunta, l’azienda acquirente non è in grado di capire dove andare a conseguire i benefici operativi e come mettere in atto le azioni di sviluppo e le relative sinergie.

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Fin dall’inizio del processo l’acquirente deve giustificare nei dettagli le sinergie che spera di ottenere. Dal punto di vista logico, non dovrebbe mai essere altrimenti, ma in molti casi questa giustificazione dettagliata non c’è proprio. È fin troppo facile cedere alla tentazione di manipolare alcune positività di un’acquisizione nel modellizzarne la performance futura, per fare apparire il numero desiderato nella casella “totale” del tuo foglio elettronico.

Il mercato delle aziende è estremamente competitivo. Le sinergie giustificano il prezzo che dovrai pagare; ma come fai a metterti a negoziare sul prezzo senza sapere bene da dove verranno, e quando e come le otterrete?

L’impresa acquirente deve fondare la stima delle sinergie sui dati di fatto, sui benchmark e sull’esperienza diretta, non solo su ipotesi.

Le sinergie di costo sono le più sicure: in genere sono relativamente facili da quantificare e da ottenere, e il direttore finanziario probabilmente crederà ai tuoi conteggi.

Il pericolo è quello di introdurre dei cambiamenti che pregiudicano i risultati perché non si è capito il modello di business.

Le sinergie che generano una crescita di fatturato sono molto più difficili da quantificare e da realizzare. Non sempre le forze di vendita lavorano bene insieme e non sempre i clienti si affannano ad acquistare altri prodotti dall’azienda che ha appena acquisito il loro fornitore.

Molte delle sinergie commerciali ipotizzate nelle acquisizioni sono meramente illusorie. Tuttavia, esse meritano probabilmente una maggiore attenzione perché è ampiamente dimostrato che le riduzioni di costo hanno vita breve, mentre i benefici commerciali sono fondamentali.

 

La valutazione dell’azienda target e la gestione del processo di acquisizione

Una finalità critica della due diligence è identificare le maggiori aree problematiche e i “buchi neri”.

Ma la due diligence non ha solo lo scopo di identificare dei problemi. Dovrebbe essere utilizzata anche per identificare e quantificare le sinergie potenziali e predisporre le iniziative di integrazione necessarie per realizzarle. La qualità della due diligence è migliorata significativamente negli ultimi vent’anni perché le imprese acquirenti hanno cercato di non ripetere gli errori altrui, ma è ancora considerata, a torto, la componente più noiosa del processo di acquisizione.

Ora vediamo la gestione del processo di acquisizione. Se non gestisci efficacemente il processo, fai aumentare il rischio di un risultato insoddisfacente. Il team preposto all’acquisizione dev’essere ben preparato e mantenere il controllo del processo e delle proprie emozioni.

Stabilite il prezzo giusto.

In realtà non esiste un “prezzo giusto” per un’acquisizione: l’azienda da acquistare vale quanto l’acquirente è disposto a pagare.

Ed è anche per questo motivo che gli esperti di corporate finance fanno in modo che la maggior parte delle aziende vengano vendute all’asta, attirando un certo numero di potenziali acquirenti in concorrenza tra di loro. Questi ultimi devono fissare un tetto massimo di prezzo, basato sulla valutazione realistica. Degli acquisitori esperti potranno confermarti che in molti casi, se si decide di uscire dall’asta arrivati a un certo livello di prezzo, l’occasione si ripresenta a distanza di qualche anno.

Non accelerare le trattative.

Nella trattativa si può guadagnare e perdere valore in misura rilevante. Chiunque abbia partecipato a un corso di negoziazione è ben consapevole del divario tra quanto sono disposti ad accettare i venditori e quanto sono disposti a pagare gli acquirenti. L’azienda acquirente deve avere il team negoziale giusto che abbia condotto bene il lavoro preparatorio, comunichi in modo eccellente al proprio interno e impieghi una strategia negoziale molto chiara.

Non correre a stringere la mano del tuo omologo dell’altro consiglio di amministrazione per la foto che immortalerà la firma dell’accordo se non sono stati preventivamente definiti tutti i dettagli. Altrimenti la controparte ti terrà in ostaggio mentre i tuoi sempre più impazienti colleghi si chiederanno che cosa sta succedendo.

Preparati molto bene.

Difficilmente il processo di acquisizione segue un andamento lineare. Ogni trattativa ha i suoi colpi di scena e le sue complicazioni. Il tempo e le risorse da dedicarvi possono rappresentare una sorpresa negativa per chi non ha familiarità con le acquisizioni.

Prima di imbarcarsi in una di queste operazioni, l’impresa acquirente deve assicurarsi di aver messo in opera tutti i necessari processi e tutte le necessarie relazioni, sia all’interno, sia all’esterno.

Se mancano le approvazioni interne, il processo può rallentare a tal punto da consentire a un concorrente di insinuarsi nella trattativa con l’ormai frustrata azienda target.

Dall’altra parte, devi anche mettere in atto dei controlli “frenanti”. Se da un lato l’acquisizione richiede la presenza di un ”paladino” che la porti avanti e ne assicuri il successo, è indispensabile l’adozione di meccanismi di controllo e di raffreddamento. Se non ci sono, può subentrare una pericolosa frenesia e l’acquisizione,

Non tutte le frustrazioni e non tutti i problemi insiti nel processo sono autogenerati. Anche le aziende target e i loro consiglieri possono ostacolare il processo.

Sviluppa preventivamente il piano di integrazione.

Un concetto in cui credo molto è che l’acquirente non può permettersi di arrivare nel parcheggio dell’azienda neoacquisita e cominciare a pianificare l’integrazione mentre si avvia alla reception.

Se l’acquirente non capisce quali sono i benefici e come ottenerli, molto prima di dare corso all’operazione, gli conviene lasciar perdere. La pianificazione dell’integrazione è una componente fondamentale della valutazione.

L’azienda acquirente deve avere le idee chiare sui cambiamenti che intende apportare alla struttura dei costi e sull’impatto che questo avrà sul fatturato e sui margini.

Quando le acquisizioni vanno male, si scopre spesso che, nella foga di concludere la trattativa, l’integrazione è stata presa in considerazione solo all’ultimo momento, o addirittura ignorata.



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